Leonhearth Messi
La prima volta che mi accorsi di Leonel Andre Messi fu nello schermo televisivo in un baretto sotto casa a Sants. In una amichevole agostana il Barcelona affrontava l’ultima Juve di Capello e di Moggi. Andai con la mia ragazza, come juventino solitario per tutta la partita cercai di trattenere le emozioni, eludendo le occhiatacce dei catalani che mi circondavano. La partita in se non fu un granchè. Un 2-2 abbastanza scialbo, con doppia rimonta della Juve su rigore. Eppure qualcosa illuminò quell’anonima partita. Cannavaro uscì con i giramenti di testa. Un giovane argentino di nome Lionel Messi, dal baricentro basso, la corsa rapida e la finta micidale, l’aveva letteralmente messo a giro. Da buon juventino fativicavo ad ammettere la superiorità.
Lo rividi qulache tempo dopo un sabato sera seduto con un paio d’amici ad un tavolo de “
Al terzo gol della tripletta contro il Real Madrid di quest’anno, Ronaldiño gli si avvicinò per ultimo, lo prese in disparte e sentenziò, “Ya està”, allontanando e avvicinando ritmicamente le mani apete con il palmo rivolto verso il basso. Il brasiliano temeva per il proprio ruolo di primadonna e lo dimostrava con ampi gesti.
Mi sono perso il gol di ieri contro il Getafe. Stavo giocando a ping pong in un parco del Raval, mentre Messi metteva a segno la rete che lo consacra definitivamente come novello Maradona. I commenti sono superflui:
“La pulga”, la pulce, comincia a pungere sul serio. Ronaldiño si sta giá grattando.