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Ho ascoltato i Tortoise in metropolitana, nel parco, in spiaggia, in montagna, sulla nave che mi riportava a casa sotto il sole d’agosto, tra le onde, a casa nel bosco, solo sul lungomare. Li ho ascoltati in cuffia nel letto di notte, in balcone, sul divano davanti al televisore senza volume e li ho amati. Senza sapere niente di questi architetti del suoni e di questi suonatori degli astri. Li ascolto mentre scrivo al portatile.

Il vibrafono trasforma i suoni in sillabe, puro spirito in quartine. Quando la ripetizione diventa tema e si è disposti ad accettarlo, l’ipnosi è inevitabile.

Strappare dalle vene dell’elettronica un suono simile equivale ad una vasectomia senza anestesia. O ad una anestesia totale.

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