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Visualizzazione dei post da novembre, 2006
Zona Franca ore 12 Mi sveglio alle 9.30. Faccio colazione con la solita fetta di pane con miele e bicchiere di caffè. Mi aspetta un colloquio di lavoro in zona Franca alle 11. Mi faccio due calcoli, controllo la cartina e parto. Linea rossa fino a Bellvitge e poi il 110. Autobus fantasma. Non nel senso che non c’è, ma nel senso che non si ferma. Un signore di mezz’età mi aveva avvertito tartagliando: quando lo vedi arrivare, alza la mano. Ma devo fare i conti con le mie convinzioni. Da qualche mese ho deciso di non utilizzare più occhiali nè lenti a contatto, il numero dell’autobus lo vedo all’incirca a una decina di metri. Non si ferma, ripeto. Inseguo l’autobus che mi ignora fermo al semaforo. Riparte di scatto e mi lascia solitario e meditabondo davanti a una ennesima rotonda con svincolo incorporato. Guardo l’orologio: le 11. Avrei già dovuto essere sul luogo del colloquio. M’innervosisco, mi metto una sigaretta in bocca ma non trovo l’accendino. E’ troppo. Mi avvio a pi
Ho ascoltato i Tortoise in metropolitana, nel parco, in spiaggia, in montagna, sulla nave che mi riportava a casa sotto il sole d’agosto, tra le onde, a casa nel bosco, solo sul lungomare. Li ho ascoltati in cuffia nel letto di notte, in balcone, sul divano davanti al televisore senza volume e li ho amati. Senza sapere niente di questi architetti del suoni e di questi suonatori degli astri. Li ascolto mentre scrivo al portatile. Il vibrafono trasforma i suoni in sillabe, puro spirito in quartine. Quando la ripetizione diventa tema e si è disposti ad accettarlo, l’ipnosi è inevitabile. Strappare dalle vene dell’elettronica un suono simile equivale ad una vasectomia senza anestesia. O ad una anestesia totale.